XXI SECOLO: ESODI DI MOLTITUDINI E NAUFRAGI DI CIVILTÀ DENTRO LA FRAMMENTATA ED IGNORATA TERZA GUERRA MONDIALE
UMANITA’ AI MARGINI DELL’UMANITA’
Smettete di bombardarci e di votare chi ci bombarda, se non ci volete più nei vostri ‘ [tratto da un manifesto appeso dai migranti esuli a Lesbo -Grecia.]
IX EDIZIONE FESTIVAL DELLA POESIA EUROPEA
Art director Marcella Continanza
Testi di ricerca per un’attiva poetica di strada Pino de March –street poet o poeta di strada
2016- AutoEdizione Versitudine
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/Artisti contro guerre Articoli Inviato da Luna di carta 21 Ottobre 2004 |
questo articolo è stato inviato da bloggers per la pace In cooperazione poetica con Versitudine e Penombre in movimento associati alla rete degli artisti/e contro le guerr Penombre- associazione informale del nord-est di attivisti/e di strada: musicisti/e , poeti e poete-: Edvino Ugolini, Pino de March, Alfredo Stori e Stella Cappellini. |
Artisti contro le guerre MANIFESTAZIONE NAZIONALE CONTRO I CPT GRADISCA 22 OTTOBRENO! AI CPT NO! AL RAZZISMO NO! ALLE GUERREl’arte e la fantasia per la vita, i diritti e la libertà di tutti. E non vogliamo nuovi schiavi, cittadini di serie a e serie b.Per questo saremo anche noi sabato 22 ottobre a Gradisca -Gorizia -per protestare contro l’apertura di un nuoo cpt/lager RETE DEGLI ARTISTI CONTRO LE GUERRE Gli artisti e le artiste impegnati/e nella lotta contro ogni atto che priva l’essere umano della sua naturale libertà e dignità, partecipano e condividono i contenuti che portano alla manifestazione nazionale del 22 ottobre contro l’apertura dei CPT di Bari e di Gradisca. Gli artisti esprimono la loro solidarietà agli immigrati che devono subire le restrizioni imposte dal governo liberista e che privano il paese di un elemento importante che è la diversità culturale ed etnica. I governanti e le forze populiste interpretano questa diversità come una minaccia alla stabilità del sistema economico e sociale ma noi sappiamo che l’apporto degli immigrati è una ricchezza e un valore aggiunto alla nostra cultura. Come in altre occasioni gli artisti si rendono conto che il loro contributo è essenziale per un cambiamento non violento della società e ribadiscono la loro volontà a continuare l’impegno a fianco delle forze antagoniste e pacifiste che fanno parte del movimento per la pace e la giustizia universale. Non vogliamo cittadini di serie a e serie b, vogliamo una società in cui tutti debbano avere uguali diritti e uguali opportunità e questo in tutti i settori della vita sociale. NO AI LAGER DEFINITI CPT ART FOR FREEDOM ART FOR JUSTICE Artist* against wars Il testo qui sotto è stato rilanciato e rielaborato per Versitudine Bologna da Pino de March |
Artisti contro le guerre
MANIFESTAZIONE NAZIONALE CONTRO I CPT
GRADISCA 22 OTTOBRE
NO! AI CPT
NO! AL RAZZISMO
NO! ALLE GUERRE
l’arte e la fantasia per la vita, i diritti e la libertà di tutti e tutte non vogliamo nuovi schiavi o cittadini di serie a e serie b
per questo saremo anche noi sabato 22 ottobre a gradisca per protestare contro l’apertura di un nuovo cpt/lager
con la rete degli artisti contro le guerre interne(sicuritarie) ed esterne (petrolifere)
PER L’UMANITA’
I gruppi critici e marxiani sostengono inoltre che il termine tecnicamente corretto per identificare i CPT E CIE sia campo di concentramento.
Tali strutture sono luoghi in cui vengono rinchiuse persone a cui non può essere imputato alcun reato se non di essere in fuga da guerre, catastrofi climatiche e miseria.
Anche alcuni studi di scienze sociali, riprendendo le intuizioni di due filosofi contemporanei Hannah Arendt e di Giorgio Agamben, i quali hanno mostrato come ci sia una continuità logica tra i campi di concentramento (dalla loro origine coloniale, passando per i campi nazisti) e i CPT prima e i CIE poi, in quanto spazi in cui viene normalizzata una condizione di eccezione al diritto.
Domani 22 ottobre 2004 come attivisti poetici saremo a Gradisca d’Isonzo (Gorizia)
accanto a volti sconosciuti, urla inascoltate, corpi incisi come ultimo estremo gesto di vita d’umani che fuggono da guerre, discordie, miserie spesso da noi provocate, per protestare con i nostri corpi, le nostre voci ed i nostri versi e suoni contro la presenza territoriale di un paradosso costituzionale ed umano che sono i CPT, un mostruoso acronimo europeo, che sta per Centro di Permanenza Temporanea, che cela dietro alle sue consonanti, alle sue sbarre e ai suoi silenzi migliaia di sans papiers(senza documenti perché sottratti dai trafficanti in mare o persi nel viaggio).
L’INZIATIVA E’ STATA PROMOSSA DA TRIESTE PER L’IMPEGNO ATTIVO NELLA RETE DEGLI ARTISTI/DAL POETA di PACE e di Strada – EDVINO UGOLINI
Nota Bene : Nel Cpt e poi Cie la detenzione per i cittadini non-europei può durare mesi e a volte anni, inoltre le persone rinchiuse in questi lager ‘democratici’ vengono suddivise per genere e gruppi etno-linguistici.
Il CPT
Una forma aberrante di lagherizzazione amministrativa postmoderna dei non-comunitari europei.
L’Europa aveva già tristemente conosciuto i lager, come campo di concentrazione prima e campo di sterminio poi, per tutti coloro che ieri venivano additati alle maggioranze ‘ariane’ come aberranti nemici della razza e della nazione: Banditen o Juden
e oggi come clandestini nei manifesti populisti e xenofobi delle destre da Forza Nuova a Forza Italia passando per Alleanza Nazionale(1)e la Lega,
ma per noi artisti e poeti di strada sono uomini e donne quelli del XX secolo come lo sono questi del XXI.
Per questo saremo a Gradisca per manifestare contro questa strisciante ed ambigua guerra sicuritaria europea contro gli stranieri(o sans papiers), umani lagherizzati senza aver commesso alcun reato penale, né contro il patrimonio né contro persona alcuna (altrimenti non starebbero qui ma in qualche prigione), per reati amministrativi, come non possedere documenti di soggiorno o aver perso il lavoro, e con il lavoro il permesso di soggiorno(stabilito dalla legge Bossi-Fini) ; la loro condizione giuridica è riconducibile a quella schiavistica per questa umanità e cittadinanza sospesa non europea.
A Gradisca urleremo ancora contro le guerre culturali interne ‘o razziali’ e guerre petrolifere esterne ‘imperiali’ occidentali:
‘Nessun uomo o donna è illegale’
‘nessun uomo o donna o bambino nel mondo deve morire sotto le bombe, per pretesti occidentali di democrazia o di economia. (1)Oggi 2016 – divenuti Fratelli d’Italia. Testo CPT composto per l’evento da Pino de March
Processi al poeta di strada Pino de March
Pino de March, ha subito due processi negli ultimi 10 ANNI a Bologna, nel primo con l’accusa di aver aderito ad una serie di proteste contro le aperture del CPT(CENTRO DI PERMANENZA TEMPORANEA) e poi CIE (CENTRI D’ IDENTIFICAZIONE ED ESPULSIONE) e nel secondo per aver impedito – con una mobilitazione nazionale – ‘SIAMO COMPLICI’ all’espulsione di una straniera africana – JOY- rinchiusa in un CPT di Milano dove è stata oggetto di un tentato stupro da parte di un ufficiale della polizia responsabile della struttura medesima. In entrambi i processi il poeta Pino de March fu assolto per non aver commesso alcun reato né di ‘partecipazione a manifestazione non autorizzata’ e’ nemmeno di opinione’, e neppure per aver manifestato pacificamente e denunciato con civili poesie la violazione dei diritti umani elementari – verso stranieri che avrebbero ‘ la sola colpa’ di essere profughi di guerre e miserie (VERSITUDINE)
Mobilitazione contro l’espulsione e per il processo all’ufficiale di polizia imputato ‘di tentato stupro ’.
La mobilitazione in tutta in Italia promossa da –’noinonsiamocomplici.org’. – in sostegno di JOY , ha impedito la rapida espulsione, di lei straniera e senza voce ed oggetto ‘ di tentato stupro’, dall’Italia con la complicità delle autorità nigeriane’ del suo paese d’origine; espulsione con la quale si avrebbe prodotto gli effetti della sospensione del procedimento contro l’ufficiale accusato di tale crimine, crimine contro la persona, venendo a mancare i presupposti di base, quale la presenza e testimonianza della vittima.
La ragazza africana non fu espulsa, il processo attivato da un comitato in sostegno con una larga partecipazione di società civile e celebrato il 2 febbraio 2012, ma questa sì è la vera stranezza, l’Ispettore di polizia Vittorio Addesso è stato assolto con formula piena dal tribunale di Milano. I legali di JOY sostengono: ‘Ci chiediamo se tanta attenzione alle garanzie dell’imputato sarebbe stata osservata a parti inverse. E’ infatti la parola di una straniera (di JOY e delle sue compagne di detenzione )contro il rappresentante dello stato’ non hanno valso nulla (come la loro non-vita o nuda vita). VERSITUDINE
per info online vedi : www.versitudine.net
GOETHE 1796-97:
Ai profughi di Salisburg (1732) e Strasburg (1796) che per ragioni diverse in quell’inquieto secolo 18 subirono persecuzioni, cacciate ed esodi.
La base del poema è un evento storico. Nell’anno 1732 l’arcivescovo di Salisburgo ha spinto fuori della sua diocesi un migliaio di protestanti, che hanno preso rifugio nel sud della Germania, e tra i quali una ragazza che è diventata in seguito la sposa del figlio di un ricco borghese. L’esilio della ragazza è stato cambiato da Goethe ispirandosi a fatti più recenti, e nel poema viene rappresentato come una tedesca in fuga dalle turbolenze e dalla riva occidentale del Reno causate dalla rivoluzione francese. L’elemento politico non è un semplice sfondo, ma è intessuta nella trama con praticata abilità, evidenziato ad un certo punto, per esempio, nella caratterizzazione di Dorothea, che prima del momento della sua apparizione nel poema, è stata presentata come promessa sposa privata del suo amore condannato e giustiziato dalla ghigliottina; ed inoltre in un’altra parte del testo, nel fornire un contrasto eloquente tra il clamore rivoluzionario in Francia e la pace costante della villaggio renano. […] I caratteri dei personaggi: il padre, la madre ed il farmacista che ha ospitato il gruppo degli amici, tutte le persone del dramma così i due amanti vengono ricreati e resi individui familiari. E non sono meno significativi come tipi costanti di natura umana. La misura dell’esametro che viene impiegato come di altre caratteristiche del poema. Trama di Hermann und Dorothe -Idillio di Wolfang Goethe dedicato ai Profughi.
NUR EIN FREMDLING, SAGT MAN MIT RECHT, IST DER MENSCH HIER AUF ERDEN; MEHR EIN FREMDLING ALS JEMALS IST NUN EIN JEDER GEWORDEN.
SOLO UNO STRANIERO, SI DICE A RAGIONE, E’ L’UOMO QUI SULLA TERRA; / MA PIU’ STRANIERO CHE MAI E’ ORA DIVENUTO CIASCUNO DI NOI.
FREMDLING UNS GEHOERT DER BODEN NICHT MEHR;
/LA TERRA NON C’APPARTIENE PIU’
ES WANDERN DIE SCHAETZE;
LE RICCHEZZE CAMBIANO PADRONE
GOLD UND SILBER SCHMILZT AUS ALTEN HEILIGEN FORMEN;
LE RICCHEZZE CAMBIANO PADRONE
ALLES REGT SICH, ALS WOLLTE DIE WELT, DIE GESTALTETE, RUECKWAERTS
TUTTO SI SOMMUOVE, COME SE LE FORME DEL MONDO VOLESSERO, ANDANDO A RITROSO,
LOESEN IN CHAOS UND NACHT SICH AUF, UND NEU SICH GESTALTEN. DISSOLVERSI NELLA NOTTE DELCAOS, E RIPLASMARSI DIVERSE./…
….UND FINDEN DEREINST WIR UNS WIEDER .E SE UN GIORNO CI RITROVEREMO
UEBER DER TRUEMMERN DER WELT, SO SIND WIR ERNEUTE GESCHOEPFE,
SULLE ROVINE DEL MONDO, SAREMO CREATURE RINNOVELLATE
UMGEBILDET UND UNABHAENGING VON SICKSAL.
, , TRASFORMATE E LIBERE E NON PIU’ DIPENDENTI DALLA SORTE./
DEN WAS FESSELTE DEN, DER SOLCHE TAGE DURCHLEBT HAT!
PERCHE’ DA CHE COSA POTREBBE MAI FARSI LEGARE CHI HA VISSUTO GIORNI COME QUESTI!
SOLO UNO STRANIERO, SI DICE A RAGIONE, E’ L’UOMO QUI SULLA TERRA; / MA PIU’ STRANIERO CHE MAI E’ ORA DIVENUTO CIASCUNO DI NOI.
/LA TERRA NON C’APPARTIENE PIU’; LE RICCHEZZE CAMBIANO PADRONE; L’ORO E L’ARGENTO SI SCIOLGONO DALLE ANTICHE SACRE FORME; / TUTTO SI SOMMUOVE, COME SE LE FORME DEL MONDO VOLESSERO, ANDANDO A RITROSO, /DISSOLVERSI NELLA NOTTE DEL CAOS, E RIPLASMARSI DIVERSE./…. E SE UN GIORNO CI RITROVEREMO/SULLE ROVINE DEL MONDO, SAREMO CREATURE RINOVELLATE, /TRASFORMATE E LIBERE E NON PIU’’ DIPENDENTI DALLA SORTE./PERCHE’ DA CHE COSA POTREBBE MAI FARSI LEGARE CHI HA VISSUTO GIORNI COME QUESTI!
Testi tratti da Hermann und Dorothea di W. GOETHE
ELEGIA NAUFRA-PROFUGA
Ai profughi in fuga da guerre ‘petrolifere’ e fratricide indotte e sostenute da varie alleanze trasversali militari occidentali (coinvolgendo in questa impresa ‘destabilizzante’ con la ‘sacralità’ della ‘guerra umanitaria’ perfino un organismo internazionale come le Nazioni Unite che avrebbero il compito di evitarla), ai naufraghi, ai respinti in mare e ai rifiutati alle frontiere con muri, recinzioni di filo spinato, paura e allarmi xenofobi di interne guerre sicuritarie (accompagnata a volte dal linciaggio agli autobus che trasportano che li accompagna in qualche sperduta periferia o alla caccia del nazi-skin o forza nuova al fantomatico clandestino).
LUNA DEL NORD
Attraverso i deserti
Arso presso i morti
Persi la vita tra le dune, il vento e la sabbia
Su carovane sconosciute
Giunsi alle terre di mezzo
E là venduto violato stuprato
Con altri fratelli e sorelle
Ammassati come capri
ai margini del porto
scambiai i miei reni
e mi spogliai di tutti i miei averi
per un esodo incerto con i miei esseri più cari
Verso il profondo lontano
‘Su navi a vela e remi e sulle barche varate nel regno della fame’ (da profezia di P.P. Pasolini)
Corpi su corpi nelle ombre
Nel mare in tempesta onde violentano
nostre lunghe barbe, capelli e stracci e volti
E pelli di varia umanità
Trema il mio corpo tra corpi nella stiva gelata e soffocante
Sogno di spazi d’Europa
Sogni che non sono così spaziosi
Incubi di mostri marini e trafficanti d’umani
Persi la vita nel sonno e nel mare
Rischiosa è la vita
e chiede
e pretende rischio
e noi sopravvissuti in cerchio sul far di ogni sera
danziamo alla scampata morte
ai tiranni governi militari
alle ‘nere guerre petrolifere’ che hanno sconvolto nostre vite terre case e geopolitiche,
alle video-decapitazioni dei neri califfi del Daesh e alle fucilazioni dei fanatici jiadisti,
ai rossi mari e deserti diventati anche loro nostri nemici.
navigare necesse est vivere non necesse(1)
in nessun dove
Ora sono fredda stella
Sulla spiaggia riverso
Solo e trafitto dalla luna del nord
Inseguito fuggire corazzate supposte amiche
Dove sono?
In nessun luogo accanto ad angeli fratelli qualunque ovunque esanimi
Braccato da cani e da uomini in divisa armati come un’extraterrestre
Dov’è la sabbia per il tenero piede del migrante?
Dove le tende d’amore dei miei fratelli e sorelle del nord?
Dove le calde luci delle città di vetro?
Dov’è finita la loro supposta superiore civiltà occidentale?
Porta di Lampedusa o isola la madre degli esuli
Solo a Lampedusa non mi sono sentito solo e nel frastuono di lingue
si udiva una voce corale – ‘ecco i vecchi fratelli e sorelle, molti giovani, e donne con in braccio i figli e le figlie, il pane e le olive e qualche arancia nelle tasche’(da profezia di P.P. Pasolini)
Da quelli scogli marini nelle notti pescatori captano voci concitate e pianti di bambini e urla di donne
E segnali d’allarme nell’aria con un mare in preda alla bufera
E poi come in un sogno
all’improvviso uomini vestiti di tute bianche come cavalieri venuti dal mare
agganciano alla deriva nostri fragili colorati barconi inclinati sotto il peso di tanta derelitta umanità
e trascinano nelle loro barche nostri corpi stremati e inzuppati di acqua salata e di maleodorante nafta
e avvolgono nostri corpi ustionati affamati assetati in calorose lenzuola d’oro e d’argento
Ed una voce lontana di un poeta amico mi sussurra:
‘nelle loro terre di razze
Diverse, la luna coltiva
Una campagna che tu
gli hai procurato inutilmente’ (quartina da profezia di P.P. Pasolini)
Poi
Sopravissi per mesi e giorni
Concentrato in campi di pomodori
Concentrato nei campi d’arance
Concentrato nei campi di limoni
Concentrato nei campi con le viti e gli olivi
Dentro antri decadenti
Case baracche improvvisate con altri fratelli e sorelle dell’Africa e dell’Est
A Rosarno a Nardò ed in molti altri – non-luoghi
Nuovi campi di concentrazione – di nuovi schiavi -che la luna del nord illumina e rende visibili alle porte delle masserie,
molti concentrati nelle disseminate campagne e fabbriche padane del nord-est e dispersi in ogni angolo, strada contrada stazione del nord, centro e sud
che ’ rendono libera ’ e potente la nuova ‘razza padrona’ planetaria.
Dov’è la mia luna del sud’
Dov’è la mia tenda?
Dov’è la mia capanna?
Dov’è la mia casa di sabbia e pietre?
‘Dolore!
Terra straniera!
‘Senza l’alito del ricordo col fumo del focolare estraneo
Sfrenatamente dove non mi portò nessun seno materno’.(P.Klee, diari del viaggio in Tunisia)
Anima lontana
Rendimi profondo
Anima profuga
Rendimi il lontano
io, lo so: sarò per sempre profugo
e sorgente luna del sud
splendente per questa fredda e liquida Europa.
E la voce lontana di un poeta amico mi sprona di nuovo a resistere con le sue profetiche parole:
’Ed andranno su come zingari
Verso nord-ovest
Con gli stracci e i volti di molti colori
Al vento
Essi sempre umili
Essi sempre deboli
Essi sempre sudditi
Essi sempre colpevoli
Essi sempre piccoli,
essi che ebbero occhi solo per implorare, essi che vissero come assassini sotto terra, essi che vissero come banditi in fondo al mare, essi che vissero come pazzi in mezzo al cielo …
[….]
Tradendo il candore
dei popoli barbari,
dietro ai loro Ali dagli occhi azzurri ‘(da Profezia di P.P.Pasolini)
usciranno da sotto la terra, dai fondi marini, dalle periferie con altri rifiutati e scartati per insegnare
come si è fratelli e sorelle in una terra comune
nota(1)
navigare necesse est vivere non necesse
(incitazione che, secondo Plutarco, Pompeo diede a suoi marinai, i quali opponevano resistenza ad imbarcarsi alla volta di Roma per trasportare il carico di grano delle provincie, grano indispensabili alla sussistenza della loro città. Roma.)
2016 -testo -elegia naufra-pro-fuga -Pino de March – poeta attivista di strada
Mit P.P.Pasolini -die profezia- und Paul Klee, die Reise in Tunisie
1 -FLÜCHTLINGSELEGIE:
Nordmond
Durch Wüsten
verbrannt neben Toten
verlor ich das Leben in Dünen, Wind und Sand
In unbekannten Karawanen
erreichte ich die Zwischenländer
verraten dort, verkauft, geschändet
mit all den Brüdern und Schwestern
wie Ziegen gepfercht
an den Rändern der Häfen
tauscht ich meine Nieren
meiner Habe entledigt
für eine unsichere Abfahrt mit den Meinen
In die tiefste Ferne
‘Auf Schiffen mit Segel und Ruder, auf Booten abgelegt vom Reich des Hungers’ (profezia di P.P. Pasolini)
Leib an Leib in der Finsternis
Im tobenden Meer die Wellen schänden
unsere langen Bärte, Haare, Fetzen und Gesichter
die Häute verschiedenster Menschheit
Es zittert mein Leib zwischen Leibern im eiskalt erstickenden Kielraum
Traum der Räume Europas
Träume ohne Raum
Alpdruck von Meeresmonstern und Menschenhändlern
verlor ich das Leben im Schlaf und im Meer
Gefährlich ist das Leben
es begehrt
und fordert Gefahr
und im Kreis jeden Abends, wir die Überlebenden
tanzen auf den entronnenen Tod
auf die Tyrannen der Militärregierungen
auf die schwarzen Erdölkriege die unsere Leben, die Länder und Häuser zerrütten
auf die Video-Köpfungen der schwarzen Kalifen des Daesh
auf die Erschießungen der fanatischen Gotteskrieger
auf die roten Meere und Wüsten die uns feind wurden
navigare necesse est vivere non necesse
an keinem Ort nirgends
Kalter Stern bin ich nun
an den Strand gespült
allein und durchstoßen vom Nordmond
Verfolgung und Flucht, Panzerkreuzer vermutlicher Freunde
Wo bin ich?
An keinem Ort neben Engelsbrüdern wieimmer, woimmer entseelt
gehetzt von Hunden und Männern in Waffengewändern wie außerirdische Wesen
Wo ist der Sand für den zarten Fuß des Migranten?
Wo das Liebeszelt meiner Brüder und Schwestern des Nordens?
Wo die warmen Lichter der gläsernen Städte?
Wo ist sie hin, die angebliche Überlegenheit ihrer abendländischen Zivilisation?
Nur in Lampedusa war ich nicht einsam
das Getöse der Sprachen
formte eine chorale Stimme‘:
-Da, die alten Brüder und Schwestern, viele Junge und Frauen, Kinder in den Armen, das Brot und Oliven und vielleicht eine Orange in der Tasche.- ( profezia di P.P. Pasolini)
Von den Riffen in der Nacht hören die Fischer erregte Stimmen, Heulen von Kindern, Schreie von Frauen
Signale der Angst in der Luft eines sturmgepeitschten Meeres
Und dann, wie im Traum
Männer in weißen Schutzanzügen, wie Ritter vom Meere
haken unsere bunten, zerbrechlich treibenden Boote, schlagseitig unter der Last so vieler verlassener Menschheit geneigt
unsere erschöpften, salzwassergetränkten, nach Diesel stinkenden Leiber in ihre Boote ziehen sie dann und hüllen unsere gesengten, hungrigen, durstigen Körper in wärmende Tücher aus Gold und aus Silber.
Und die ferne Stimme des Meisters flüstert mir zu:
‚In ihren Ländern von Rassen
verschiedenster Art, bebaut der Mond
ein Land das du
ihnen nutzlos besorgt ‘( profezia di P.P. Pasolini)
Dann
überlebte ich Monde und Tage
Konzentriert im Feld der Tomaten
Konzentriert im Feld der Orangen
Konzentriert im Feld der Zitronen
Konzentriert im Feld der Trauben und der Oliven
In verfallenden Löchern
In Hütten, Baracken zusammengestoppelt mit anderen Brüdern und Schwestern aus Afrika und aus dem Osten
In Rosarno, in Nardò und vielen sonstigen Unorten noch
Neue Lager zur Konzentrierung neuer Sklaven die der Nordmond beleuchtet, Erscheinungen vor den Toren der Höfe,
Konzentrierte zerstreut auf Ländereien und Fabriken Padaniens, verirrt in jedem Winkel der Straßen der Städte des Nordens, der Mitte, des Südens
sie machen frei und mächtig die neue Herrenrasse dieses Planeten.
Wo ist mein Südmond
Wo mein Zelt
Wo meine Hütte
Wo mein Haus aus Sand und Stein?
Schmerz!
Fremdes Land!
-Ohne des Hauch der Erinnerung mit dem Rauch des fremden Herdes
Zügellos wohin keine Mutterbrust mich je trug -(Paul Klee, die Reise in Tunisie)
Fer‘ne Seele
gib mir Tiefe
Flüchtlingsseele
gib mir Ferne
Ich, ich weiß: Flüchtling werd ich immer sein
und aufgehender Südmond
dieses kalte und klare Europa bescheinen.
Und die ferne Stimme des Meisters spornt mit seinen prophetischen Worten mich neuerlich an stand zu halten:
Und sie wandern hinauf wie Zigeuner
Gegen Nord-West
In Fetzen und mit vielfärbigen Gesichtern
Im Wind
Sie immer demütig
Sie immer schwach
Sie immer Untertan
Sie immer schuldig
Sie immer klein
Sie die Augen hatten nur um zu flehen, sie die wie Mörder unter der Erde lebten, sie die wie Banditen auf dem Grund des Meeres lebten, sie die wie Irre inmitten des Himmels lebten
(…)
Verrat an der Reinheit
der barbarischen Völker
hinter ihren blauäugigen Flügeln (profezia di P.P. Pasolini)
Sie werden aus der Erde treten, aus dem Meeresgrund, aus den Peripherien zusammen mit anderem Abschaum, um zu lehren.
Uebersetzung. Hermann Staffler
A LAMPEDUSA o ISOLA MADRE DEGLI ESULI (PINO DE MARCH)
http://www.repubblica.it/cronaca/index.html
A Lampedusa un’opera del maestro Mimmo Paladino
in omaggio a tutti i morti delle traversate del Mediterraneo
La porta che guarda l’Africa in ricordo di chi non è mai arrivato
Realizzata in una speciale ceramica, assorbe e riflette la luce
Una specie di faro simbolico rivolto verso i luoghi da cui partono i disperati
dal nostro inviato ATTILIO BOLZONI
La “porta” di Lampedusa
LAMPEDUSA - Il primo scoglio che avvistano dai barconi è l’ultimo promontorio dell’isola, una punta di roccia che nasconde un grande bunker della seconda guerra. L’Italia finisce qui, dopo c’è solo il mare. Su questa sporgenza che guarda a sud hanno “piantato” qualcosa per ricordarli per sempre, uno per uno. Neri e bianchi, islamici e cattolici, vecchi e bambini. Tutti i morti delle traversate del Mediterraneo. E’ una porta puntata verso l’Africa.
La contrada si chiama Cavallo Bianco, è attraversata da un sentiero polveroso che sale dal vecchio porto, scavalca una collina e si getta nel mare turchese. In bilico fra sassi e arbusti ecco la porta di Lampedusa, un monumento alla memoria dei migranti. E’ alta quasi cinque metri e larga tre, disegnata e decorata da Mimmo Paladino, costruita con una speciale ceramica refrattaria in un laboratorio di Faenza e poi assemblata a Paduli.
E’ partita su un camion il 21 giugno, caricata su un traghetto a Porto Empedocle, ieri l’altro è arrivata a Cavallo Bianco e sarà ufficialmente scoperta dopodomani, sabato 28 giugno. Al tramonto.
Quando calerà il sole, una processione partirà dalle vie del paese per arrampicarsi sul promontorio e sfilerà in onore dei morti del mare. Così Lampedusa ha deciso di celebrare tutti quelli che non sono mai riusciti a sbarcare su queste coste, annegati a qualche miglia da Malta o a qualche miglia da Tripoli.
Sono quasi tremila le vittime negli ultimi vent’anni ripescate fra le onde del Canale di Sicilia, secondo i numeri dell’Osservatorio Fortress Europe. E altri cinquemila i dispersi. L’ultima strage neanche tre settimane fa, il 7 di giugno. In centoquaranta non ce l’hanno fatta. Tutti partiti con un peschereccio fradicio da Al Zuwarah, al confine fra la Tunisia e la Libia. La porta di Lampedusa è orientata in quella direzione, dove c’è il villaggio di Al Zuwarah.
“Siamo venuti qui la prima volta con la bussola in mano”, racconta Gian Marco Elia, fotografo che insieme a Arnoldo Mosca Mondadori e l’associazione Amani - un’organizzazione non governativa a favore delle popolazioni africane – ha voluto “fare qualcosa” per ricordare i popoli del mare. Il progetto è nato dopo la scoperta del grande naufragio fantasma di Porto Palo, quello del Natale 1996. “Ci siamo accorti che in Sicilia non c’era nemmeno una lapide… così abbiamo pensato a Lampedusa”, dice ancora il fotografo. Per Arnoldo Mosca Mondadori non ci sono stati dubbi sul luogo: “E’ una cosa che andava fatta a Lampedusa… sono stati gli spiriti dei migranti a volerla”.
La porta è un dono dal maestro Mimmo Paladino, una società turistica palermitana ha contribuito con 35 mila euro alle spese, il consiglio comunale dell’isola ha votato all’unanimità per portare quel simbolo sulla punta di Cavallo Bianco. Per una volta nessuna incertezza, tutti d’accordo. Il più deciso è stato il sindaco Bernardino De Rubeis: “Noi lampedusani abbiamo sempre cercato di fare la nostra parte e continueremo così, è impossibile vivere in questa isola e dimenticare cosa accade da una parte del mondo che è così vicina alla nostra”.
Arrivano ogni giorno. A centinaia. Ogni estate di più. Ogni anno ventimila. Gli abitanti di Lampedusa sono 6270 compresi i 480 del piccolo comune di Linosa. E quasi millecinquecento sono i clandestini rinchiusi in un recinto in mezzo alle campagne dell’isola.
Il sindaco sarà alla testa alla processione di sabato. Con lui Lucio Dalla, Luca Carboni, Claudio Baglioni, Arnaldo Pomodoro, il sassofonista Sandro Cerino, l’imam di Agrigento, il cappellano del carcere minorile di Milano don Gino Rigoldi. Tutti con le loro torce a vento tra le mani, una fiaccolata che illuminerà il cielo di Lampedusa. Sull’isola è attesa una troupe di Al Jazeerache “immortalerà” il momento.
La porta è rivestita da una ceramica, cotta a mille gradi, che assorbe luce e riflette luce. Di notte, anche quella della luna. Sarà come un faro per la gente in mezzo al mare.
La sua anima è in ferro zincato. L’idea di un’opera che diventa monumento non è mai piaciuta a Mimmo Paladino. Però lui dice: “L’artista non dovrebbe celebrare ma raccontare. Ho provato a spiegare qualcosa che avesse a che fare con un esodo forzato, qualcosa di comprensibile a tutti i popoli”.
E aggiunge: “Per questo ho voluto la porta il più lontano possibile dal centro abitato e il più vicino possibile all’acqua e quindi all’Africa”.
Alla vigilia di questa speciale giornata di Lampedusa un segno è arrivato anche da Alda Merini. Ha spedito da Milano una sua poesia. Quasi un miracolo. La poetessa, mai venuta quaggiù, ha scelto la metafora di una tartaruga – proprio quelle che vengono a depositare le uova sulle spiaggia dell’Isola dei Conigli – per ricordare i morti del mare.
In questi anni i cadaveri recuperati fra le onde sono stati sepolti fra il vecchio e il nuovo cimitero. Una ventina di croci senza nome, fiori appassiti dalla calura, una tomba dietro l’altra. E anche una spianata di cemento al posto della lapide. Con una data: 7 giugno 2008. E una grande scritta scavata nel calcestruzzo: extracomunutaria. L’ultima donna africana trasportata dal mare fino alle rocce dell’isola. “A loro vorremmo dare il giusto riposo”, spiega il sindaco De Rubeis.
Sull’isola attendono qualche soldo dalla provincia di Agrigento e dalla regione. L’anno prossimo Lampedusa avrà anche un piccolo cimitero musulmano.
La poesia di Alda Merini
“Una volta sognai”
Una volta sognai
di essere una tartaruga gigante
con scheletro d’avorio
che trascinava bimbi e piccini e alghe
e rifiuti e fiori
e tutti si aggrappavano a me,
sulla mia scorza dura.
Ero una tartaruga che barcollava
sotto il peso dell’amore
molto lenta a capire
e svelta a benedire.
Così, figli miei,
una volta vi hanno buttato nell’acqua
e voi vi siete aggrappati al mio guscio
e io vi ho portati in salvo
perché questa testuggine marina
è la terra
che vi salva
dalla morte dell’acqua.
2012-2016-pino de march
ELEGIA CLANDESTINA
Passi, voci e sguardi d’umani(parte di un pentagramma nr. 3 su autoedizione-versitudine,2012 )
In memoria affettiva di Alina Dachuk, ragazza ucraina ‘suicida’ in un commissariato di confine –Villa Opicina – confine e periferia della città italiana di Trieste; il vicequestore Addesso(dalle tendenze dichiaratamente fascista, teneva sulla sua scrivania un portacenere con scritto sopra ‘ebrei’ ) congedato per l’accaduto ed indagato per omicidio colposo e sequestro di persona.(16 APRILE 2012)
HOMO SUM, HUMANI NIHIL ALIENO SUNT (Nulla che sia umano mi è estraneo), frase in lingua latina di Publio Terenzio Afro, poeta latino che usò nella sua commedia Heautontimorùmenos –il punitore di se stesso, v.77 del 165 dell’era antica.
1
Noi muoviamo
dopo una tragica primavera
ed una non complice estate
i primi passi tremanti tra queste pietre roventi
tra questi dimenticati volti
e cerchiamo il tuo
tra queste terre e nude croci che nessuno loda.
2
Noi vaghiamo tra zolle ombre e fantasmi
su abissi al tramonto
su questo arido ed oscuro colle avvolto in una nera caligine,
ricordando a chi ti depose anonima
fasciata in un sudario
che tu non sei straniera,
né alla terra /né agli umani
3
Da questo orizzonte
comune intreccio del vivere e del morire
spogliato dai venti della bora
con guance gelate e bagnate dal pianto
e con occhi arrossati
ed una madre indignata e disperata accanto
che ricopre di fiori e dolci la nuda terra
volgiamo i nostri sguardi su questi cumuli di terra
senza lussuosi sepolcri
dove giace una non più sconosciuta Alina
per invocare dignità e giustizia
per ricordare ora di nuovo, un’altra volta e troppo tardi ancora
la tua smarrita, lacerata e soffocata vita
a questa città aperta ed ospitale alle genti
questa tua sorte immeritata.
4
Quanto nostra ed innocente
sistemica indifferenza ai significati, alle cose e ai vissuti
distratti e bombardati da mille quotidiani segni d’effimero e d’inessenziale,
in quell’info-sfera dolciastra ed avvelenata in cui siamo tutti confusi, immersi e liquefatti.
‘Ma perché essere qui è molto, e perché sembra
che tutte le cose di qui abbian bisogno di noi, queste
effimere
che stranamente ci sollecitano. Di noi, i più effimeri.’ ( Dalla 9 elegia di Rilke)
5
l’amore seppur fugace
nei molti sguardi veraci
che riempiono il nostro empatico veloce tempo
che nelle strade scorre e non è mai lo stesso
di un dilatato pianeta terra e della nostra dispersa umanità.
testo di Pino de March -
Klandestinelegie
Zum Gedenken an Alina Dachuk, einer jungen ukrainerin, die in einem Polizeikommissariat an der Grenze bei Triest (Villa Opicina) angeblich Selbstmord beging; der Vizequestor (mit deklariert faschistischen Tendenzen) wurde entlassen, gegen ihn wird wegen Totschlages und Entführung ermittelt.
Wir setzen
nach tragischem Frühling
und nicht gewogenem Sommer
die ersten schwankenden Schritte zwischen diese glühenden Steine mit
diesen wenig geliebten und wenig gesuchten Gesichtern
Und suchen deines in diesem Flecken kahler Kreuze die niemand besingt
Wir irren zwischen Schollen, Schatten und Gespenstern
über dämmernde Abgründe
über diesen dürren, düsteren Hügel von schwarzem Nebel umhüllt,
für dich,
Fremde nicht der Erde, der Tiere, der Bäume, der Menschen wegen
Von diesem Horizont üblichen Geflechtes von leben und sterben,
entlaubt von den Winden der Bora,
mit tränengenäßt frierenden Wangen
und geröteten Augen
wenden wir unsere Blicke auf diese namenlose Kreuze
keine prächtigen Grabmäler
kaum besucht,
wo eine nicht mehr unbekannte Alina liegt
Um anzurufen Würde, Liebe, Gerechtigkeit
in dieser Stadt der Grenze
zwischen Morgen und Abendland,
der vielen Sprachen
und Menschen ruheloser, unsteter Länder
um zu erinnern, nun wieder und nochmals und abermals zu spät
dein verirrtes, zerrissenes und erdrücktes Leben
Wie ist sie doch unschuldig unser
systemische Gleichgültigkeit für Bedeutungen, Dinge, Gelebtes
unachtsam überhäuft von tausenden täglicher Zeichen des Vergänglichen und Unwesentlichen,
in dieser süßlich vergifteten Infosphäre sind wir vermengt,
eingetaucht und aufgelöst.
Aber weil Hiersein viel ist, und weil uns scheinbar
alles das Hiesige braucht, dieses Schwindende, das
seltsam uns angeht. Uns, die Schwindendsten. (9 elegie –Rilke)
Liebe, wenn auch flüchtig
in wahrhaften Blicken
die unser schnelles fühlendes Hiersein füllen
sie fließt, niemals dieselbe, durch die Straßen
eines geweiteten Planeten Erde und und unserer verlorenen Menschheit.
uebersetzung : Hermann Staffler
TRIESTE – A CASA DEL FUNZIONARIO LIBRI ANTISEMITI
Suicidio nel «commissariato degli orrori»
In ferie il vicequestore delle polemiche
Carlo Baffi indagato per omicidio colposo e sequestro di persona dopo il suicidio di una donna
Alina Dachuk
MILANO – L’hanno soprannominato il «Commissariato degli orrori». Dove, secondo l’accusa, un funzionario con nostalgie mussoliniane agiva indisturbato, ritenendo le norme sull’immigrazione «troppo morbide», tanto da trattenere gli stranieri, affermano i magistrati inquirenti, «senza titolo». Una linea dura, confermata dalla presenza nella sua tanto di un cartello fin troppo esplicito: «ufficio epurazione». E a fianco una foto di Benito Mussolini. In quel commissariato è morta una donna ucraina di 32 anni. Si è suicidata davanti alle telecamere di sicurezza. Carlo Baffi, vicequestore a Villa Opicina di Trieste, è indagato per omicidio colposo e sequestro di persona. E, dopo diverse pressioni di una parte dell’opinione pubblica, è stato messo «in congedo». Ferie forzate in attesa che «venga fatta chiarezza», come spiega il questore di Trieste Giuseppe Padulano.
LA VICENDA- Le indagini del pm Massimo De Bortoli, partono proprio dal caso di Alina Diachuk e hanno scoperchiato una sorta di vaso di Pandora, come hanno raccontato Il Piccolo e Il Manifesto. La donna è stata prelevata da una volante all’uscita del carcere di Trieste, dove aveva finito di scontare nove mesi per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Ed era in attesa di espulsione. Il 14 aprile entra in commissariato. Non è in stato di fermo. Non ci sono ragioni note per cui debba essere lì. Due giorni dopo si gira il cordino della felpa intorno al collo e dopo 40 minuti di agonia muore davanti alle telecamere di sicurezza. Organizzazioni e comitati per i diritti civili protestano, accusano le forze dell’ordine. E cominciano a emergere particolari poco chiari. Chi aveva deciso il fermo e con quale autorità? Perché non è stata trasferita? Perché nessuno ha controllato la donna?
LA MAGISTRATURA - Domande a cui neanche Padulano vuole rispondere, «non voglio entrare nei particolari perché sta indagando la magistratura. Non sarebbe corretto da parte mia» . E ci tiene a sottolineare che «mai in nessun momento è mancata la nostra buona fede nell’adempimento del nostro dovere. E lo dimostrano gli attestati di stima che abbiamo ricevuto anche dalle comunità straniere». Le accuse per Baffi sono appunto omicidio colposo e sequestro di persona. Con lui sono stati indagati altre due persone. Durante le perquisizioni nell’ufficio di Baffi viene trovato la targa «Ufficio epurazione» e un ritratto di Benito Mussolini. Altro materiale antisemita è stato rinvenuto a casa sua. «Ha lavorato nella Digos per molto tempo, è normale ci siano volumi sia sull’estrema destra sia sull’estrema sinistra», spiega il suo avvocato. Ma a preoccupare di più sono quei fascicoli di immigrati e il sospetto che siano stati trattenuti nel commissariato senza una copertura giudiziaria. Si parla di almeno cinquanta casi. Il procuratore capo della Procura di Trieste Michele Dalla Costa ha detto di voler andare fino in fondo. Dalla questura, assicurano, «massima collaborazione»
Benedetta Argentieri
bargentieri@corriere.it17 maggio 2012 | 20:40
Elegia o lirica clochard
1
la primavera è germogliata
anche quest’anno
tra incerte giornate di sole
di febbraio, di marzo d’aprile
2
Cinciallegre esiliate
elettrizzate saltano
da un ramo all’altro tra alberi ospitali
3
cip cip cip cip cinguettano
pic pic pic pic pizzicano
con il loro esile becco
la corteccia di resilienti betulle
divenute per incanto acustiche chitarre
4
un merlo su altro albero sfogliato ed invernato
pigramente si riposa
5
Nonna culla sorridente una bambina
Nel blu di una carrozzina
6
il vento freddo del mattino
da porto del nord
sotto i dieci gradi
c’inonda di profumi
di erbe punteggiate di gocce di rugiada
7
fiori di ciliegio colorano di rosa il mattino
ai passanti che s’affrettano confusi verso la city
ad umori alterni
depressi -spensierati
meditanti- parlanti
passi e lingue diverse si mescolano al profumo intenso ed indistinto dei prati
8
tre uomini ed una donna
sopravvissuti alle notti gelide
bevono birra
fumano assai
sigarette arrotolatale
da mani tremanti
e leccate abbondantemente
parlano con toni
frantumati secchi ed acuti
I loro occhi brillano di bambinità
sui volti scavate rughe di quercia
Abiti sgualciti
barbe incolte
capelli arruffati
In notti passati in qualche stazione di metrò
Hanno scelto di stare nel punto più assolato
meno ventoso
sperando di poter finalmente
togliersi di dosso
il penetrante umido inverno
dalle doloranti ossa
9
Vinti dalla passività
devastati dal tempo
trasmettono ai sensibili passanti
una rabbia baudeleriana
o una pietà francescana
testo-elegia clochard di Pino de March – poeta di strade, on street and online e ricercatore
(!): CORO PER UN”EUROPA MINORE:
passaggi interiori/
ti immagino metafora deleuziana /
non ti immagino Grande Europa letteraria/economica/ militare/ imperiale
/ti immagino /deterritorializzata /
sconfinata come tuoi cieli invernali/ /Blu notte/ illuminata dalla luna
/
Ti detesto Europa/ territorializzata
nella bandiera / rare stelle/ cielo blu opaco /senza mediterranee lune/
Ti detesto Europa territorializzata /
/con i tuoi temporanei lager di detenzione/ /senza cieli blu /
/senza stelle/ in tutte le stagioni /notti atroci per gli stranieri/
ti detesto Europa delle torri dei mercanti/ delle Banche/ degli stati
di precarietà senza socialità/
Ti immagino Europa in divenire/ coi migranti/ mondo d’umani/
Ti Ascolto/ Ti Danzo /europa ribelle/ con i cantanti beuers/ delle tue banlieus/
passaggi esteriori/
ti ritrovo nelle mappe dei tuoi movimentati sognatori/:
passaggio numero 1: in Europa nessun essere umano è illegale /
passaggio numero 2: in Europa tutti gli umani devono avere un reddito di cittadinanza /per esistenze extra/
passaggio numero 3: in Europa la guerra è bandita/ come lo sono il
razzismo/ le diseguaglianze di ogni genere/
passaggi anteriori/
Ti rimmagino metafora beniaminiana/
Ti rimmagino europa nomade
dei tuoi Ulissi/ naviganti / esiliati / senza terra/
dei tuoi tempestosi /cerebrali freethinkers/ scienziati/ filosofi
politici/
dei tuoi tempestosi /emozionali freelands/artisti/poeti/ musicisti/
Ti rimmagino europa bruniana dei mille campi di fiori /dei mille liberi
pensieri/ dei mille liberi giudizi/dei mille liberi amori/
Ti rimmagino europe de l’ amour/ pour la libertè, l’ègalité, la fraternité
des citoyenes de la Comunne de Paris
Ti rimmagino europa der Liebe/ fuer die Gleicheit der Karl Marx der Rosa
Luxemburg /der Karl Liebnecht /
der Bertold Brecht/
Ti rimmagino europa libertaria e cosmopolita/ de los Durrriti
anarchistas
espagnoles/
Ti rimmagino europa della fratellanza universale di Francesco D’Assisi
Ti rimmagino europa delle donne sagge /bruciate come streghe/sui roghi/> nelle piazze delle cattedrali/ sfidanti
il cielo/
Ti rimmagino europa beat/ desiderante nel pensiero e nell’azione/ degli operai/ degli studenti/ dei filosofi autonomi del maggio/degli altri mesi / degli altri anni/ a venire/in tutte le tue città /
Ti rimmagino europa della glastnost/della trasparenza/dell’insostenibile
leggerezza dell’essere nel pensiero e nell’azione degli operai /degli
studenti/ dei filosofi dissidenti/ / nelle varie primavera di Praga/ di
Budapest /
di Varsavia/
Ti rimmagino europa gaya dell’amore/ negato per secoli/
Ti rimmagino europa della libertà/ dell’uguaglianza/ della sorellanza/
tra/
tue/ lingue / disparate/
Ti rimmagino europa della resistenza delle masse/
Ti agisco europa della disobbedienza delle moltitudini/
Ora e sempre/ Europa delle sognatrici/
Ora e sempre/ Europa degli amanti delle umane genti/
Europa minore/
minore/ minore come l’Asia del pastore errante/ dai passi leopardiani.
testo -coro per un’europa minore di Pino de March
- copyleft: autore -pino_de_march_poetic_attivista_europa_minore_cosmopolita
- contatti_versitudine@gmail.com
chor fuer ein kleines europa:
passagen des innen /
dich denk’ ich im bild deleuze’ /
denk’ nicht grosseuropa, das erdachte / oekonomisch / militaerisch / imperiale /
denk’ dich deterritorialisiert / entgrenzt wie /
deine himmel im winter / / tiefblaue nacht / erleuchtet vom mond /
dich veracht’ ich europa / territorialisiert in der fahne /
kaum sterne / ein himmel stumpf blau / ohne die monde des mittelmeers /
dich veracht’ ich europa, territorialisiert /
in provisorischen internierungslagern /
ohne blauen himmel /
ohne sterne / zu jeder jahreszeit / naechte des grauens
fuer die, die kommen
dich veracht’ ich europa der fassaden und tuerme von geschaeften und banken /
der prekaritaet ohne sozialitaet /
dich denk’ ich europa als werden / migrantisch / ganz menschenwelt /
dir lausch’ ich / dich tanz’ ich / europa subversiv / in den liedern der beurs / in deinen banlieues
passagen des aussen /
dich entdeck’ ich in den karten deiner traeumenden in bewegung/
passage nummer 1: in europa ist kein mensch illegal /
passage nummer 2: in europa haben alle menschen das buergerrecht auf ein einkommen / das ihnen ein hervorragendes leben erlaubt /
passage nummer 3: in europa ist der krieg geaechtet / und ebenso sind’s der rassismus / und die ungleichheiten jeglicher art
passagen des vorher /
dich erkenn’ ich wieder im bild benjamins /
dich erkenn’ ich wieder, nomadisches europa der odysseus / seefahrer /
exilierten / heimatlosen /
deiner stuermischen / gefeierten / leidenschaftlichen /
wissenschaftlerinnen / philosophinnen / kuenstlerinnen / musikerinnen / freelancerinnen /
dich erkenn’ ich wieder, europa des bruno auf tausend campo de’ fiori /
dei mille liberi pensieri / dei mille liberi giudizi / dei mille liberi amori /
dich erkenn’ ich wieder, europe de l’ amour / pour la liberté, l’égalité, la fraternité des citoyennes de la commune de paris /
dich erkenn’ ich wieder, europa der liebe / fuer die gleichheit der karl marx / der rosa luxemburg / der karl liebknecht / der bertolt brecht /
dich erkenn’ ich wieder, europa libertaria e cosmopolita de les durutti, anarchistas espagnoles /
dich erkenn’ ich wieder, europa der universalen bruederlichkeit des franz von assisi /
dich erkenn’ ich wieder, europa der weisen frauen / als hexen verbrannt / auf scheiterhaufen / auf den plaetzen vor den kathedralen / herausforderung des himmels /
dich erkenn’ ich wieder, europa beat / wunschenergie im denken und im handeln /
der arbeiterinnen / der studentinnen / der autonomen philosophinnen
des mai / der anderen monate / der anderen jahre / die kommen / in all deinen staedten
dich erkenn’ ich wieder, europa des glasnost / der transparenz / der unertraeglichen leichtigkeit des seins /
im denken und im handeln /
der arbeiterinnen / der studentinnen / der dissidenten philisophinnen / / des vielfaeltigen fruehlings in prag / in budapest /
in warschau /
dich erkenn’ ich wieder, europa der schwulen liebe / jahrhundertelang verleugnet /
dich erkenn’ ich wieder, europa der freiheit / der gleichheit / der schwesterlichkeit / deiner / unterschiedlichen / sprachen /
dich erkenn’ ich wieder, europa der widerstaendigen massen /
um dich geht’s, europa der unfuegsamen multitudes /
heute und fuer immer / europa der traeumenden /
heute und fuer immer / europa der liebenden menschenkinder /
kleines europa /
klein /
klein wie das asien /
des wanderhirten /
auf den spuren leopardis
pino de march StrassePoet
Uebersetzung Thomas
Emma Lazarus
L’incisione su rame del sonetto The New Colossus |
“Give me your tired, your poor,
Your huddled masses yearning to breathe free,
The wretched refuse of your teeming shore,
Send these, the homeless, tempest-tossed to me,
I lift my lamp beside the golden door!”
The New Colossus of Emma Lazarus, New York, 1883
Not like the brazen giant of Greek fame
With conquering limbs astride from land to land;
Here at our sea-washed, sunset gates shall stand
A mighty woman with a torch, whose flame
Is the imprisoned lightning, and her name
Mother of Exiles. From her beacon-hand
Glows world-wide welcome; her mild eyes command
The air-bridged harbor that twin cities frame,
“Keep, ancient lands, your storied pomp!” cries she
With silent lips. “Give me your tired, your poor,
Your huddled masses yearning to breathe free,
The wretched refuse of your teeming shore,
Send these, the homeless, tempest-tossed to me,
I lift my lamp beside the golden door!”
Il Nuovo Colosso
Non come il gigante di bronzo di greca fama,
che a cavalcioni da sponda a sponda stende i suoi arti conquistatori:
Qui, dove si infrangono le onde del nostro mare
Si ergerà una donna potente con la torcia in mano,
la cui fiamma è un fulmine imprigionato, e avrà come
nome Madre degli Esuli. Con il faro
nella sua mano darà il benvenuto al mondo,
i suoi occhi miti scruteranno quel mare che giace fra due città.
Antiche terre, – ella dirà con labbra mute – a voi l’ostentato sfarzo!)
A me date Le vostre stanche povere folle accalcate che bramano di respirare liberamente
i miserabili rifiuti di ogni lido,
A me mandate i senzatetto, gli scossi dalle tempeste
e io solleverò la mia fiaccola accanto alla porta dorata.
Questa poesia, dedicata alla statua che troneggia al centro della baia di New York, venne scritta da Emma Lazarus, giovane poeta ebrea- sefardita e portoghese-americana.
Il sonetto in epigrafe con il quale si apre questa poesia, si trova sul piedistallo di uno dei monumenti più conosciuti al mondo, divenuto non solo simbolo della città e della sua federazione di Stati Indipendenti dalla corona inglese dal 1776, gli U.S.A, ma soprattutto faro per le cospicue masse di migranti –esuli che vi giungevano in fuga dal vecchio continente e assunto a luce e speranza di nuova vita. C’è un contrasto tra l’imponenza della famosa statua della libertà e la rievocazione della poeta alla ‘Madre degli esuli che illumina ed accoglie nel suo porto, le masse stanche e povere che anelano alla libertà, i senza tetto scossi dalla tempesta della vita e dalle onde, un appello quello che emerge dal testo mai pienamente attuato, certamente tradito in maniera più o meno rilevante, in tempi più o meno recenti, da un gran numero di paesi in tutto il mondo.
al poeta filosofo amico e per i posteri il borges svedese lars gustaffson
Lo scrittore e filosofo è morto a 79 anni. Da poco aveva ricevuto in Italia il premio Nonino
03/04/2016- La Stampa, quotidiano torinese
È morto lo scrittore e filosofo svedese Lars Gustafsson. Aveva 79 anni. Studioso di matematica e filosofia, poeta, saggista, drammaturgo e romanziere fra i più tradotti all’estero, era nato nel 1936 a Vasteras. Per vent’anni, riferisce ha insegnato storia del pensiero europeo a Austin, in Texas. «Nei suoi racconti come nelle poesie -spiega Iperborea, la casa editrice che ne ha pubblicato in Italia i libri- si riconosce quella vena fantastica, quel gioco dell’erudito che scherza con la propria erudizione, quell’ossessione per il tempo e per l’identità che l’hanno fatto definire il “Borges svedese”».
In Italia ha ricevuto il Premio Agrigento, il Premio Boccaccio, il Grinzane Cavour e in premio Nonino nel 2016. Tra i suoi titoli pubblicati in Italia vi sono Morte di un apicultore, Il pomeriggio di un piastrellista e Le bianche braccia della signora Sorgedahl.
Lars Gustafsson è nato a Västerås il 17 maggio 1936 ed è considerato il più internazionale scrittore svedese contemporaneo. Studioso di matematica e filosofia, poeta, saggista, drammaturgo, romanziere fra i più tradotti all’estero, e in questa sua intensa attività (oltre cento i libri pubblicati: poesie, saggi di critica letteraria, romanzi che sono stati tradotti in quindici lingue) ha ottenuto molti riconoscimenti.
Nel 1996, quando ottenne il Pilot Prize (istituito per premiare con 150.000 corone svedesi chi si distingueva nella letteratura), fu descritto come filosofo, poeta, visionario. Diplomato nel 1960 all’Università di Upsala dove ha studiato sociologia e filosofia, ha conseguito il dottorato nel 1978. E’ stato sposato tre volte ed avuto quattro figli dalle prime due mogli. I romanzi che gli hanno dato la notorietà a livello internazionale, è stato il ciclo Crepe nel muro di cui fanno parte cinque libri:Lo stesso signor Gustafsson (1971), La lana (1973), Festa in famiglia (1975),Sigismondo (1976) e Morte di un apicultore (1978), tutti caratterizzati da domande esistenziali mischiate ‘ad al comico. Ha insegnato Storia del Pensiero Europeo all’Università di Austin, Texas, dal 1983, anno successivo alla separazione con la prima moglie, e fino al 2006, anno successivo al suo terzo matrimonio e del pensionamento, a seguito del quale si è ritirato a Södermalm, quartiere di Stoccolma. Nel 1986 è stato fatto cavaliere dell’Ordre des Arts et des Lettres. In Italia ha ricevuto il Premio Agrigento e il Premio Grinzane Cavour.
in sitesi Lars Gustafsson e’ un poeta filosofo visionario
trama 1 di ‘clandestina’ uno testi che ho scelto di accompagnare alle sue memorie.
Dick Olsson, svedese ma da molti anni residenti in Texas, è un consulente pubblicitario ricco e affermato, costantemente in viaggio per lavoro e per vocazione, ogni giorno in contatto con tutto il pianeta via Internet. Ma un giorno riceve una e-mail da un fantomatico gruppo di separatisti della Moldavia, fondatori della Repubblica di Transnedr, ai quali occorre la sua consulenza per imporre il proprio caso all’attenzione mondiale. Nel frattempo il protagonista che ha sempre preso le distanze da tutto e da tutti divorziato, con un figlio che non vede da dieci anni, senza una significativa relazione – si innamora di Eleonora, la domestica colombiana che viene due volte alla settimana a riordinare la casa… Recensioni online-adriana
Tre fatti avvengono contemporaneamente nella vita di Dick Olsson,svedese trapiantato in Texas dove svolge un florido lavoro come consulente pubblicitario. Il primo è che si trova a fare l’amore quasi inconsapevolmente con Eleonora,la ragazza colombiana che gli riordina la casa due volte alla settimana. La seconda è che muore la sua anziana madre che vive ancora in Svezia.
La terza che deve incontrarsi a Berlino con una delegazione della repubblica del Transdnestr, uno piccolo stato che sta combattendo per staccarsi dall’Unione Sovietica e diventare indipendente. Compito di Dick è rendere pubblica mediante stampa o mediante rete l’esistenza di questa guerra sconosciuta.
Questi tre elementi mettono a dura prova il cinismo del nostro eroe abituato a una vita trascorsa tra un aereo-porto e un altro,a relazioni fatte di posta elettronica e alberghi impersonali.
Il ricordo del profumo della colf clandestina “un odore piacevole. Qualcosa di speziato. Una punta di ambra e muschio.
E un lieve sentore di sapone inglese all’olio,quello che si adopera per i pavimenti di legno.”Unito al ricordo della madre che non sa dire quando l’avesse vista per l’ultima volta. E la casa con tutti quegli oggetti, ognuno dei quali lo acchiappa e lo fa tornare indietro nel tempo. Attimi di infanzia.
Personaggi che non esistono più .E tutte queste cose che lo costringono ad una autoanalisi decisamente SCANDINAVA. L’amore,i sentimenti,i soprammobili,la carriera,le relazioni fugaci .E, imperativa nella mente, Eleonora! La clandestina che pare la panacea di tutti i problemi. Proprio perché non è bella ,ha una vita complicata,ma sembra il depistaggio di tutti i luoghi comuni. Quando,infine torna a casa in America “Aprì la porta con cautela.
Per un attimo gli sembrò di sentire in modo molto evidente il suo profumo estraneo. Era davvero lì dentro da qualche parte? O era il profumo di una persona sparita,che per un ultimo istante indugiava in quella stanza ancora buia,per poi volatilizzarsi per sempre?…”
Una relazione ed un dialogo che palesa sotterraneamente una reciprocità amorosa tra una domestica clandestina ed il suo “datore di lavoro”, tra esistenze e vissuti ad entrambi sconosciute .
trama 2
Lui è un affermato agente pubblicitario che gira il mondo, un mondo trionfante interessi e di merci che li dà una grande notorietà, ed una inesauribile possibilità di consumare ciò che vuole, lei una domestica, una migrante sudamericana che ha cercato nella sua rocambolesca entrata clandestina negli Stati Uniti, di togliere sé stessa e la sua numerosa famiglia da condizioni di estrema povertà; lui scopre piano piano l’anaffettività del suo effimero mondo luccicante ma anche che l’unico persona che si prende cura di lui e della sua casa è la domestica clandestina che lui rivede, di tanto in tanto, ogni mese e a volte più, quando fa ritorno in quella sua casa-rifugio..
clandestina- testo del dialogo per lettura memoria dell’autore-amico Lars
DICK
‘C’è comunque una somiglianza, tra noi. Che non viviamo dove eravamo destinati a vivere. Destinati da chi? Da Dio? E dunque l’incontro di due solitudini,due vuoti che si incontrano in uno spazio nero e infinito.’orse, non ho mai avuto un’infanzia. No, a ben pensarci è proprio così. La mia infanzia non c’è mai stata. Non ho il minimo ricordo nemmeno dei miei genitori, a dire il vero. Certi bambini hanno un’infanzia, altri no. Io sono evidentemente sempre stato adulto. Dick si chiese che cosa avrebbe detto uno psicoanalista. Qualcosa di banale e stupido. (pag. 108)
[…]
Ora gli altoparlanti avevano ripreso a gracchiare. In un primo momento Dick non riuscì ad afferrare granché, dal momento che la dizione della hostess lasciava molto a desiderare, ma quando l’annuncio fu ripetuto incominciò a chiarirgli-si. C’era un problema tecnico di natura seria. Si trattava del carrello. Una spia luminosa non funzionava come avrebbe dovuto. (108 pag.)
[..]
..la maggior dei ricordi si mescolavano fra loro. Gli capitava di confondere una persona con un’altra. Eppure non tutti gli incontri erano privi di sostanza. (pag.112)
[…]
Si domandò come avrebbe reagito Eleonora alla notizia della sua morte. Avrebbe provato dispiacere.
Naturalmente. La gente di solito prova dispiacere quando capitano cose del genere. Ma avrebbe sentito la sua mancanza,di lui come persona?
Non lo sarebbe stato nemmeno tanto facile venire a sapere che era morto.
Sarebbe arrivato come al solito venerdì mattina per fare la pulizia, avrebbe ripiegato le sue camicie e la sua biancheria con consueta precisione (pignola e amorevole), avrebbe passato l’aspirapolvere in tutti le stanze alle undici in punto si sarebbe fatta il caffè.
E non sarebbe stupita di non vederlo arrivare nel giorno stabilito. Era abituata ai suoi cambiamenti di programma. Sarebbe tornata il lunedì, come sempre, avrebbe suonato discretamente alla porta per vedere se era in casa. Poi avrebbe tirato fuori le chiavi dall’enorme borsetta (che cosa si portava in giro per il mondo, in realtà? avrebbe aperto, e avrebbe constato in casa non c’era assolutamente nulla da fare. Assolutamente nulla. Escludendo quel che poteva aver combinato l’inafferrabile topo da garage(che abitava nel tavolato del pavimento sotto lo studio), la casa sarebbe stata pulita ed in ordine come l’aveva lasciata venerdì pomeriggio. Dick si chiese come era lei in realtà, cosa faceva nei giorni in cui non la vedeva. Era altrettanto misteriosa di una cometa che ritorna vero la terra ad intervalli regolari e prestabiliti,seguendo un’orbita in cui non si ha la minima idea di quali incontri e avventure possa avere nelle tenebre dello spazio.
Poteva magari avere un ragazzo? Naturale che l’aveva.
Un colombiano piccolo dalle membra sottili. Perché altrimenti userebbe profumo? Quanti anni poteva avere? Decisi che doveva essere sulla trentina.
I suoi pensieri tornarono caparbiamente ai suoi seni piccoli e sodi che s’intravvedono sotto la tshirt, seni da ragazza piuttosto che da donna. Portava sempre il reggiseno sul lavoro, lo si notava. Per un attimo, Dick le fece togliere la tshirt e il reggiseno, un po’timidamente, uno dopo l’altra. Sprofondò in una fantasia esotica, che presto diventò più complessa e pi ardita. (pag. 113)
[…]
O era semplicemente quella sua diversità, quell’Incomprensibilità che la rendeva tanto attraente?
in quell’istante che doveva averla. E maledisse tutto ciò che gli impediva di prendere il primo volo per ritornare ad Austin.
Quello strano dolore, al tempo stesso fugace e pungente, che era l’amore, lo si scaldava e lo rendeva diverso.
Era qualche anno ormai che provava una forte sensazione di essere al di fuori.
Di non appartenere più alla schiera della gente comune implicata in comuni storie d’amore, passioni e dolori.
Si sentiva come qualcosa di più oggettivo, più funzionale (parte di un sistema).
Un essere che aveva scoperto le tele intessute dalle Norne (divinità indo-europee o mitologie norrene femminili fatali comparabili alle nostre Parche latine: Urd o destino, Verandi o divenire, Skuld o debito, e in qualche misura poteva cambiarle. Ma non un partecipante. La cosa aveva dato origine ad un calma apparente. Invece di dare la caccia alla donna non sposata nei bar della settima strada, adesso non di rado aveva l’abitudine, quando era a casa, di passare tutte le sere in compagnia di qualche grog a base Whisky, sprofondato, con l’aiuto alcune videoregistrazioni di Bayreuth, in qualche parte del Ring. Wagner lo affascinava. Da anni stava programmando un viaggio nella Bayreuth reale, per assistere al Festival. Non riusciva davvero a capire perché non tutti, arrivassero a comprendere l’importanza e il significato di Wagner. Per esempio nel prologo del Crepuscolo quando le tre Norne dicano che la trama è confusa, e non posso continuare a filare. Che il mondo è diventato imprevedibile. Che l’antico patto non vale più. (123 pag.). Le sue elucubrazioni furono interrotte dall’arrivo di Eleonora al telefono. In realtà era così immerso nei suoi pensieri che lei dovette confermare la propria presenza all’apparecchio almeno due volte, prima che lui effettivamente capisse. Tutt’intorno uomini bisbigliavano con le loro segretarie. Si domandò perché parlassero sempre a voce così bassa, e provò a sua volta un improvviso bisogno di un po’ più di discrezione di quanta non potesse offrire quel luogo.
Dialogo in clandestina tra il Signor Dick ed Eleonora
E:“Senor Dick?
Con un tono di voce che era allo stesso tempo meravigliato e rispettosamente invitante.
“Come va?”
D:“Bene”.
“Sei riuscita a finire?”
E: Finire cosa?
D: “le pulizie naturalmente”.
E: “Ah si. Naturalmente. E’ andato tutto bene”.
D: “Quindi tutto a posto a casa?”
“Sembrava tutto a posto. “
“In realtà volevo solo parlare con te, Eleonora.”
E:“Capisco.”
“Volevo solo dire….”
“Ci sono stati problemas. Altri problemi.”.
D:“Quanti problemi?”
E:“Mariela ha avuto l’appendicite.”
D:“chi è Mariela?”
E:“Mia sorella che sta a Huston.”
D:“Mi dispiace moltissimo.”
E: “ Mi hanno telefonato ieri sera. Andrò molto presto. Se posso. Avevo proprio appena pagato l’affitto.”
D:“E come sta?”.
Dick non aveva la minima idea che ci fosse una sorella anche a Houston.
…“Spero veramente che andrà tutto bene. Non preoccuparti per i soldi dell’autobus. Posso darti un anticipo. Appena torno a casa. “
….
Non c’è nessun posto dove possa spedirti del denaro.” (Naturalmente Eleonora non aveva nessun conto in banca, dal momento che non aveva nessuna identità.)
E: “Ma possiamo parlarne più tardi.”
D: “Più tardi quando?”
E “Sì, quando senor Dick tornerà a casa.”
D: Penso di tornare come ho già detto. Alla fine della prossima settimana. Ho molto voglia di rivederti, Eleonora.
E:Davvero.”.
Dick concluse il colloquio con ancora alcune frasi di cortesia estremamente confuse. E quindi lasciò il telefono all’impaziente giovanotto in vestito scuro che era rimasto lì tutto il tempo ad aspettare che glielo cedesse, ebbe la sensazione di essersi veramente comportato in maniera imbarazzante ed infantile, forse adolescenziale. Non sono certo un timido, si disse. (125-133 pgg. ).
[…]
A questo punto della storia Dick prova ad inviare ad Eleonora una lettera.
[…]
C’è comunque una somiglianza, tra noi. Che non viviamo dove eravamo destinati a vivere. Destinati da chi? Da Dio? E dunque l’incontro di due solitudini, o due vuoti che si incontrano in uno spazio nero e infinito.
Post scriptum
Può il vuoto stesso essere creativo?
Qui Dick Olsson si perse la giornata che era stata lunga. Forse troppo.
Testo tratto dalla –clandestina di L. Gustafsson -editrice Iperborea.
Poesia di Lars Gustafsson
VITA
La vita scorre attraverso il mio tempo,
e io, un volto non rasato,
dove le rughe sono profonde, analizzo
le tracce.
Pensieri come bestiame,
avanzano sulla strada per bere,
estati perdute ritornano, ad una ad una,
profonda come il cielo viene la malinconia,
per la pianta di carice che fu,
e le nuvole che allora rotolavano più bianche,
eppure so che tutto è uguale,
che tutto è come allora e irraggiungibile;
perché sono al mondo,
e perché mi prende la malinconia?
E gli stessi lillà profumano come allora.
Credimi: c’è un’immutabile felicità.
Testo di Lars Gustafsson -traduzione di Enrico Tiozzo
Testo Informazioni su questi ad
A GOETHE a cui siamo legati da due secoli ormai
Il bilobato Ginkgo rivela una divisione o ha scelto di apparire duplice?
Una domanda questa che Goethe può rivolgere anche a se stesso, perché egli è come la foglia del Ginkgo, uno e doppio e, in continua tensione nel ridurre ad unità la sua polarità-
L’albero di Goethe –il Ginkgo biloba o albero le cui foglie si divaricano formando due lobi conservando l’unicità.
Goethe ebbe occasione di ammirarla nel parco del castello di Heidelberg, durante un suo soggiorno, ospite di Marianne von Willemer. A lei Goethe aveva portato due foglie di Ginko e a lei fu indirizzata la poesia con quelle due foglie di Ginko incrociate e incollate sulla carta da lui stesso, qui sopra riportate.
Era il settembre 1815 e in quelle sere si discuteva sulla particolarità della forma di questa foglia e sul tema della polarità e unificazione esistente in natura, concetto cardine negli interessi naturalistici e botanici del poeta. L’arcano segreto che la meravigliosa foglia del Ginkgo fa intravedere a colui che ama andare al di là dell’apparenza reale delle cose – e per questo si afferma come sapiente – è proprio quello dell’unicità nella duplicità, della tensione all’unificazione degli opposti, che permea la natura e ogni cosa vivente.
Il bilobato Ginkgo rivela una divisione o ha scelto di apparire duplice?
Una domanda questa che il poeta può rivolgere anche a se stesso, perché egli è come la foglia del Ginkgo, uno e doppio e, in continua tensione nel ridurre ad unità la sua polarità.
Meditazioni immanenti sotto l’albero di Goethe nell’orto botanico di Frankfurt am Main di pino de march
Note botaniche di Pino de March :
il ginkgo è un fossile vivente ed unica specie ancora sopravvissuta delle Ginkgoacea e anche dell’intero ordine Ginkgoales. E’ un albero antichissimo le cui origini risalgono a 250 milioni di anni fa nel primario.
La pianta originaria della Cina, viene chiamata volgarmente ginkgo o ginco o albero di capel-venere. (o barba di giove).
Il nome Ginkgo, deriva da una erronea trascrizione del botanico tedesco Engelbert Kaempfer del nome giapponese Gynkyò derivante a sua volta da quello cinese yin-kuo (yin –argento xing – albicocca –yinxing – albicocca d’argento );
il nome della specie –biloba – deriva dal latino bis lobus – e richiama la divisione in due lobi delle foglie a forma di ventaglio .
La naturopatia ricava dalle sue foglie – principi attivi che hanno per lei un’azione sulle funzioni cerebro-vascolari della memoria – tale da suggerirne l’uso nella malattia dell’Alzheimer.
Si ricorreva per scoprire le proprietà medicinali delle piante anche alla ricerca delle equivalenze ed analogie, nel nostro caso tra natura vegetale, le foglie di Ginkgo e la natura umana, il cervello umano, anche lui biolobato ed inter-conesso, cioè composto di due emisferi, l’emisfero destro analogico o dei linguaggi immaginali e creativi e quello sinistro logico e dei linguaggi verbali.
In Cina è ritenuto albero sacro
Note poetiche di Pino de March.
Il ginkgo biloba –o l’albicocca d’argento-
è un albero di maestosa presenza che colpì in un lontano giorno l’immaginazione di un viandante in oriente,
il viandante allora colse dei semi che portò con sé nelle sue terre d’occidente per conservare lunga memoria e tanta stravagante bellezza;
il ginkgo biloba si scoperse essere in età moderna un fossile vivente,
che non può non colpire anche il nostro contemporaneo immaginale:
per la sua longeva presenza nell’evoluzione tra gli esseri viventi,
per l’ombra argentea che offre non solo agli uccelli ma anche ai bambini , ai poeti ai viandanti nei picchi di sole d’estate,
come allora poteva l’ anima cosmica del sommo poeta Wolfang Goethe passarli accanto indifferente senza non versarvi versi ?
e versi versò ai piedi di un albero di ginkgo nel castello di Heidelberg, durante un suo soggiorno, ospite di Marianne von Willemer ,
era uno degli alberi che ornava il giardino della donna amica amata, e tra tutti dal ginkgo trasse quelle strane foglie, fonte d’ispirazione filosofica e poetica.
ora quei versi sono deposti ai piedi di un ginkgo a due passi dalla porta dell’orto botanico dell’Università di Frankfurt am Main.
‘Baums Blatt, der von Osten
Meinem Garten anvertraut,
Gibt geheimen Sinn zu kosten.
Wie’s den Wissenden erbaut’.(Goethe, gingo biloba)
‘Le foglie di quest’albero dall’oriente venuto a ornare il mio giardino
Celano un senso arcano
Che il saggio sa capire’ Goethe, gingo biloba)
L’unicità dell’amore segreto per Marianne e la doppiezza del suo animo innamorato,
maschera e svela la poesia,
composta su un foglio decorata di foglie colte ed incollate e donato all’amata.
Le forme sinuose ed affusolate del suo tronco e dei suoi rami,
anche oggi in tempi fast e s-poetanti
colgono di sorpresa chiunque volga il suo sguardo per quanto s-fuggente.
I suoi rami robusti, divaricati, schizzati segnati da fratture,
di traumi e di sogni del nostro esistere.
Nel mezzo della corteccia fessure segnalano due contorte dimensioni
di fisicità e di vitalità che si intrecciano in una danza cosmica
quasi a rivelarci nelle sue molte pieghe
il deformato vissuto del vivere intensamente.
Un pensarsi schizo-analitico deleuziano,
che si divarica, peregrina e dura,
interroga, trasforma , moltiplica e non si separa,
e man- tiene sempre una singolare forma in un convergente divenire molteplice.
Una sinuosità che sta lì a simbolizzare la non linearità del vivente
che si conforma sempre elegantemente all’habitat
Serpentina la sua andatura,
non strisciante, non insinuante, non minacciosa
non fonte di paura come panicano la vita le tradizioni monoteiste,
di quel mitico serpente che indusse Adamo convinto da Eva a mangiare la mela
e a perdere per sempre’innocenza, la stima per le donne, la vita che si rigenera all’infinito e il paradiso di gioia terrestre tra amanti e per sempre segnati dalla vergogna e dalla colpa gli umani.
Ma sacro serpente
dal vitale veleno antidoto e cura dei saggi medici egiziani,
O profano serpente,
esperito da una sponda all’altra del Mediterraneo
da un’antica e saggia medicina da Ippocrate appresa e trasmessa-ci dall’imperitura tradizione greco-egiziana,
o da un luogo all’altro del continente europeo da donne sagge non streghe malvagie
serpente psicoanalitico con la sua vitale seduzione piacere antidoto e cura degli umani dolori
Ed infine il giallo d’oriente delle sue foglie che riveste d’autunno i prati dei monasteri taoisti e le tuniche gialle ed arancioni dei monaci zen
oro dei saggi filosofici e monaci d’occidente ed oriente.
E’ nel suo svettare fortemente radicato nella sua base terrestre
sicuro versatile fluente sulle onde del vento che soffia impetuoso tra i suoi rami nel vivere le asperità,
E’ nel prendersi cura della circolarità e flusso sanguigno di memoria
saggio delle variegate forme della vita attiva e meditativa nella foresta intricata dei segni.
Le sue foglie palmate,
rigate nel mezzo dall’apparire distinto compatto come dei capelli di venere ,
terminano frastagliate come fiordi di mare e come delta di fiume,
e tutto questo non può non aver vibrato nella mente di Goethe, vostra di viandanti barcollanti, viventi di tempi liquidi e mia sotto un albero d’estate –nel parco cinese di Frankurt-Main.
,pino de march
Annotazione sullo stile
C’è una polarità anche nello stile di Goethe, presente in questa breve poesia, quasi nata, come nelle sue opere maggiori: l’ estrema limpidezza del linguaggio, la linearità essenziale dell’esposizione – impossibili da rendere nella traduzione! – si uniscono ad una complessità profonda dei concetti.
GINKO BILOBA di J. W. von GOETHE (1749-1832)
Le foglie di quest’albero dall’Oriente venuto a ornare il mio giardino
celano un senso arcano
che il saggio sa capire.
C’è in esso una creatura
che da sola si spezza?
O son due che per scelta vogliono
essere una sola?
Per chiarire il mistero
ho trovato la chiave:
non senti nel mio canto ch’io
pur essendo uno anche duplice sono?
da pino de march di versitudine.net
Per info e-mail- pino de march – versitudine@gmail.com
TESTi AUTOPRODOTTi DA PINO DE MARCH –AUTOEDIZONE VERSITUDINE
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BOLOGNA, MAGGIO 2016