Memorie attive, lunghi silenzi sugli stermini delle genti Romanì o Porrajmos(le etnolinguiste diversità), lgbtqi(le diversità nell’affettività e nella sessualità), disabili(le neuro-diverisità) e pazienti psichiatrici (le psico-diversità), sdoppiamenti e dissociazioni distruttive del Sè ad Auschwitz come in ogni altro campo di concentramento e sterminio, e le mancate inclusioni dei sopravvissuti; e la diserzione poetica-attivista nel presente verso esclusioni,guerre, genocidi ed ecocidi, ed aperto contrasto alle passioni tristi con la presa in cura ed amicizia geo-filosofica della molteplicità vivente e terrestre



Tra le mani alzate tiene una statuina diel medico dell’anrtichità Ippocrate

La storia umana non ha mai conosciuto una storia così difficile da raccontare (H.Arendt,1984,p.51), che però non va enfatizzata e neppure relativizzata (Richard Rechtman, nelle vite ordinarie dei carnefici,Einaudi ed.)

Oggi vorrei ricordare con voi: Il Porrajmos,

gli stermini dimenticati :Lgbtqi, disabil-e, dei pazient-e psichiatric-e e dei molti/e ‘non conformi’

o tutte quelle esistenze che venivano considerate come ‘vita non degna di essere vissuta’

(lebensunwertes Leben,dal glossario nazista),

e guardare ed indagare all’interno dell’incoscienza dei carnefici fascisti e nazisti

gli stermini dimenticati degli Lgbtqi, dei disabili, dei pazienti psichiatrici e dei molti/e ‘non conformi’

o tutte quelle esistenze che venivano considerate come ‘vita non degna di essere vissuta’

(lebensunwertes Leben,dal glossario nazista),

e guardare ed indagare all’interno dell’incoscienza dei carnefici fascisti e nazisti

Sterminio dei rom e sinti

Ci sono due parole nella lingua romanes per indicare lo sterminio nazi-fascista delle genti romanì,

Rom e Sinte.

Porrajmos: parola ambivalente nel romanes per impropri significati sessuali che esprime “di stupro e sevizie” “di divoramento”;

L’Altra parola è Samudaripen: Grande Morte e genocidio, parola appropriata ma che non approfondisce il dramma e la tragedia vissuta;

quali,gli atroci esperimenti scientifici e medico chirurgici:

sterilizzazioni, vivisezioni, smembramenti e sevizie sui/dei corpi,

senza che mai i carnefici si preoccupassero del dolore arrecato e della dignità cancellata, per questo mi sembra che Porrajmos sia la parola più qualificata.

Perché romanì e non zingari?

Perché ‘zingari’ è un eteronimo cioè un nome arbitrariamente attribuito dai gagè o non romanì che sottolinea più i caratteri negativi che positivi.

Per secoli i Romanì sono stati considerati egiziani-pellegrini, appartenenti ad una tribù dispersa d’Israele, dei figli di Cush, della stirpe di Cam, uno dei figli di pelle nera di Noa, il quale per aver deriso il padre ubriaco, venne scacciato e e costretto ad una perenne vita raminga

Romanì o Rom e Sinti invece è un etnonimo o un nome proprio di un popolo.

Secondo una cronaca viennese del 1776 (la Anzeigen aus sämmtlich-kaiserlich-königlichen Erbländern), fu l’illuminista slovacco Samuel Augustin ab Hortis il primo ad accostare le parlate dei romanì alle lingue indiane e di chiarirne almeno etno-linguisticamente la provenienza dei romanì dall’India del Nord.

“Da questo momento in poi il Romanes sarà considerato il parlato comune agli errones o erranti egiziani, ma anche da tutte le genti romanì nelle molteplici varianti transnazionali.

(Materiali tratti dalla stirpe di Cus di Leonardo Piasere ed. CISU- 2016)

Stranieri interni e cittadinanza

E’ importante ricordare i rari momenti di riconoscimento di una piena cittadinanza italiana ed europea ma riconoscere apertamente che per secoli,i romanì e gli ebrei sono stati marginalizzati e considerati stranieri interni in Italia come in Europa.

Per questo l’estate scorsa la Città di Bologna (con la sua Vice Sindaca Emily Clancy), le comunità urbane di Rom e Sinte della nostra Regione:Mirs- mediatori interculturali Rom-Sinti,Amici di Django, Thèm Romanò,ed il vasto movimento dei romanì: Ketane e Comunimappe- la libera comune università pluriversità Bolognina,

la mattina del 18 luglio 2022, hanno voluto ricordare, con una targa sotto l’arco di Porta Galliera, la presenza plurisecolare dei romanì in Italia e a Bologna (quel lontano18.7.1422) e la nascita in quei giorni di loro permanenza in città di un-a bambino-a a Campo Grande, oggi Piazza 8 Agosto, considerata la prima nascita romanì documentata in Europa;

‘non conformi’ o ‘la vita non degna di essere vissuta’

(lebensunwertes Leben,dal glossario nazista),

“Lo sguardo medico-scientifico e quello sociale e politico-culturale diffuso avevano disumanizzato le vittime dello sterminio e del genocidio, con gli strumenti e la razionalità tecnica-scientifica e tecnico-burocratica di quello che chiamiamo oggi modernità.”(come sostiene Alain Goussot, docente di pedagogia speciale)

“Alla fine dell’Ottocento nasce la scienza eugenetica come studio del miglioramento della specie umana attraverso la selezione artificiale; l’eugenismo diventa una vera e propria ideologia politica, nella misura in cui si diffonde la convinzione che si possa intervenire sul piano politico e socio-economico con misure eugenetiche di “miglioramento della razza”.

l’eliminazione dei soggetti disabili, dei pazienti psichiatrici, delle minoranze etniche gli “zingari”(o romanì) e gli ebrei, e le minoranze sessuali o “omo-lesbo-trans-sessuali” ( lgbtqi), le prostitute e gli asociali ma anche la sperimentazione su forme “anomale” della natura umana come ad esempio, i gemelli; tutto sarà la traduzione tecnico-culturale di un impianto scientifico che si era sviluppato 50 anni prima.

Da questo punto di vista si può affermare con Zyngmunt Bauman (1992), che il nazismo non fu solo un fenomeno abnorme ma sopratutto un’espressione di

modernità (razionalità strumentale e funzionale che non ha smesso di operare nel bene e nel male)

Tuttavia occorre precisare che questa tesi non ha avuto buona fortuna poichè era più semplice pensare che l’orrore nazista e fascista fosse stato il risultato di un regime di individui psicopatici e perversi(si tra loro ce ne erano come in qualsiasi tempo)

Si può anche affermare che la ‘normale disumanità’ del regime fascista e nazista, fu supportata dalla complicità e dall’indifferenza colpevole di tanta gente ‘perbene’, che non faceva che riprodurre in modo amplificato ed esasperato lo sguardo sociale, culturale e scientifico dell’insieme della società sui soggetti stigmatizzati col pretesto di far progredire la società e la scienza tedesca ed europea”.

Frammenti tratti dalla monografia “Nazismo, eugenetica er disabilità di Alain Goussot – docente di Psicologia speciale – Università degli studi di Bologna.

Ad Auschwitz il famigerato medico Joseph Mengele compì atroci esperimenti su bambini e bambine romanì, su parti gemellari, sul nanismo ed il gigantismo, sulle sincronie oculari, sui tumori alla pelle, sulle malattie più disparate.

Tutte queste vite non degne di essere vissute si concludevano nelle camere a gas.

Robert Jay Lifton docente, psichiatra e saggista,

con le sue ricerche “sui medici nazisti”che hanno riguardato soprattutto i rapporti tra la psicologia individuale e la storia, sosterrà

“Ai medici nazisti si chiedeva di sdoppiarsi a beneficio della rivitalizzazione, che era un bene comune(con i medici nella funzione di mediatori razziali fra il capo-eroe e la comunità ariana più vasta)

e sacro

(rivendicando la sua funzione ultima dai morti della prima guerra mondiale).

Hitler fu molto preciso su questo punto, dichiarando con “chiarezza cristallina” la sua dottrina della nullità del singolo essere umano e della sua esistenza che sarebbe continuata nella visibile immortalità della nazione.

Il giuramento ippocratico, pur essendo per il medico un impegno a praticare l’arte della guarigione ed evitare in ogni modo di uccidere o danneggiare le persone da lui/lei curati/e, fu quasi del tutto abbandonato e

percepito come poco più di un rituale lontano e desueto praticato ai tempi dell’università,

e veniva prontamente rovesciato dal rituale di una bruciante immediatezza delle selezioni, con una serie di pressioni e remunerazioni dirette verso il Sé sdoppiato di Auschwitz liberato dai residui etico-professionali ippocratici.

In effetti con il giuramento a Hitler il medico escludeva essenzialmente gli ebrei, i prigionieri e i deportati, e tutti/e i non conformi, le vite indegne di essere vissute dalle proprie responsabilità ippocratiche”.

L’uomo doppio (l’homme double”

e qui ci si riferisce non solo al dott. Mengele, ma a tutto il personale militare,sociale e sanitario che aveva partecipato alla selezione e allo sterminio.

La parola “doppio” fu effettivamente usata dal dottor Alexander O.

(medico prigioniero e collaboratore) nei suoi sforzi angosciosi per trovare un terreno d’intesa con Mengele:

egli aveva tutti i moti affettivi, tutti i sentimenti umani, la pietà e via dicendo. Ma nella sua psiche c’era un cella chiusa ermeticamente, una cella impenetrabile, indistruttibile: l’obbedienza all’ordine ricevuto, il giuramento al capo-eroe (e alla ricerca scientifica della purezza della razza ariana)

Egli può gettarsi in acqua per salvare uno “zingaro”, tentare di guarirlo…e poi appena usciti dall’acqua, dirgli di salire su un autocarro per portarlo in gran fretta alla camera a gas.

Frammenti tratti da “medici nazisti” di Robert Jay Lifton docente, psichiatra e saggista,

Porrajmos o sterminio dei romanì

Rom e sinti

“Nel corso degli anni Trenta, la popolazione internata nei lager nazisti subì notevoli mutamenti.

A poco a poco, i politici divennero una minoranza, mentre il numero prevalente di prigionieri apparteneva alla categoria dei cosiddetti elementi antisociali, termine generico che comprendeva i delinquenti abituali, le prostitute, gli alcolizzati, i vagabondi senza fissa dimora e i renitenti al lavoro.

Nel novero degli asociali vennero inseriti, ben presto, anche gli zingari ( o romanì),

Tuttavia, nel caso degli zingari(romanì), la persecuzione assunse subito anche spiccati caratteri razzisti, anche se, dal punto di vista genetico e linguistico, i Sinti e i Rom (cioè coloro che noi chiamiamo zingari o gitani) potevano essere considerati per la cultura del tempo indoeuropei

L’ostacolo fu aggirato con pretese che non esistevano più romanì puri (o rarissimi tra loro, i lalleri)perché durante le numerose e continue migrazioni si erano contaminati con altre razze

Venne presa la decisione di concentrare tutti i Sinti e Rom nomadi in campi appositi allestiti nelle periferie delle città, per assicurare un miglior controllo della polizia.

Così stabiliva il decreto per la lotta contro la piaga zingara il 6/6/1936 di Heirich Himmler che ordinava che tutti/e i romanì fossero schedati e registrati.

Tratto dalla voce “asociali” dell’assemblea-cittadinanza – amministrazione regionale Emilia-Romagna.

Le atroci sperimentazione medico chirurgiche e scientifiche sui corpi dei romanì

Le donne e le bambine romanì furono oggetto fin dai primi anni di regime di sterilizzazione di massa con raggi x ed iniezioni intrauterine a Natzwiller (Fr)

che a Ravensbruech

(ove erano confinate le detenute politiche, le prostitute e la molteplicità Lgbitqi).

I detenuti di Dachau(A)

furono sottoposti ad esperimenti sulla potabilità dell’acqua marina; erano obbligati a bere acqua di mare o veniva iniettata loro una soluzione salina.

A Sachsenhausen(Francoforte sul Meno)

ci furono esperimenti con i iprite, un gas tossico che veniva usato in guerra.

Gli internati di Buchenwald (D) furono infettati dal tifo

o sottoposti ad esperimenti di congelamento rapido per studiare la resistenza al freddo.

Lungo silenzio sullo sterminio dei romanì (di Luca Bravi,ricercatore su storia, formazione ed inter -cultura dell’Università di Firenze) intervista sul Porrajmos tratto dalla rivista della Regione Toscana.

Ci sono responsabilità specifiche italiane, così come per la Shoah?

L’Italia fascista è stata un ingranaggio del sistema di persecuzione e deportazione di rom e sinti e quindi del Porrajmos.

Questo attraverso almeno quattro fasi specifiche con un intervento sempre più radicalizzato:

l’allontanamento ed il rimpatrio dei cosiddetti “zingari” (anche quelli di cittadinanza italiana),

la pulizia etnica nelle zone di frontiera rispetto alla presenza di soggetti rom e sinti (con il confino obbligatorio in Sardegna),

l’arresto e l’invio in “campi di concentramento riservati a zingari” sorti sul territorio italiano ad esempio ad Agnone (Molise)

), la deportazione verso i lager oltre confine.

Quanto serve recuperare questa memoria per combattere il pregiudizio oggi?

durante il nazismo e il fascismo, i cosiddetti “zingari” furono perseguitati e sterminati perché indicati come portatori della “tara ereditaria” (dunque razziale) del “istinto al nomadismo”. 

Oggi la maggior parte degli Italiani crede ancora che rom e sinti siano “nomadi”; non è vero, non lo sono mai stati(O nella grande maggioranza tra loro non lo sono,

(Istinto al nomadismo è stato ribadito

pochi anni fa dall’attuale Presidente del Consiglio G. Meloni:’sono nomadi, allora devono nomadare’,

Porrajmos: perché finora se n’è parlato troppo poco?

La causa del lungo silenzio sul Porrajmos è da individuare soprattutto negli stereotipi di stampo razziale che si sono conservati dall’immediato dopoguerra e fino ad oggi “gli zingari”.

un gruppo che viene considerato in toto composto da soggetti ladri, asociali e nomadi, perciò non più “geneticamente” (ma oggi si dice “culturalmente”) pericolosi. Gli stereotipi attivi determinano la tenuta a distanza di queste persone e la distanza provoca l’assenza di spazio e di disponibilità per la ricostruzione storica e soprattutto per la testimonianza. Non ci potrà essere testimonianza storica finché non si attiverà una reale inclusione a livello (culturale) e sociale. Ecco perché il Porrajmos parla di memoria storica, ma ha bisogno di costruire spazi d’inclusione nel presente;

ed ecco perché il Porrajmos è uno dei temi caldi rispetto alla costruzione di un tempo “post-Auschwitz”.

Poetiche romanes

Gelem Gelem

Inno internazionale adottato al 1 Congresso mondiale dei Rom, anno 1971. Prima strofa dell’inno internazionale dei Romanì, composto dal musicista romanì Zarko Javanovic (1925-1985), musicista che subì una lunga carcerazione durante il Porrajmos (divoramento) o Samudaripen (grande morte o genocidio) (2)

Gelem, Gelem Inno internazionale nella lingua standard romanes

Ho camminato e camminato

Ho camminato, e camminato per lunghe strade,

ho incontrato rom fortunati (felici)

Ehilà, gente rom?

Da dove venite con le vostre tende e i vostri bambini affamati?

Oh, gente rom!

Oh, fratelli!

(Oh,sorelle!)

Anch’io avevo una grande famiglia, l’ha sterminata la Legione Nera.

Uomini e donne rom furono squartati, e tra di loro anche bimbi ancora piccini.

Oh, gente rom!)

(Oh,sorelle!)

Dio, apri le nere porte, affinché io possa vedere dov’è andato il mio popolo.

E tornerò a camminare per le strade,

e le percorrerò con fratelli sorelle rom gioiosi.

Oh, gente rom!

Oh, fratelli!

Oh sorelle!

In piedi, rom!

Ora è il momento, venite con me,

rom di tutto il mondo con i vostri volti bruni e vostri occhi scuri tanto desiderabili come l’uva nera. Oh gente rom!

Oh, fratelli!

Oh, sorelle!

Ratvalè jasvà (lacrime di sangue)

Nel bosco senz’acqua, senza fuoco – grande fame.

Dove dormiranno i bambini?

Non c’è una tenda.

Non si può accendere il fuoco durante la notte, di giorno il fumo dà l’allarme ai tedeschi (ai nazi).

Come vivere con i bambini nel duro inverno?

I fiocchi di neve cadevano sulla terra, sulle mani come piccole perle.

Occhi neri gelavano

Piccoli cuori morivano.

Testo della poeta partigiana rom polacca Papusza

Erano gli anni della persecuzione, dei rastrellamenti quotidiani e del porrajmos. Allora, per sottrarsi a tutto questo orrore, le genti Romanì si nascondevano nei boschi;

però là in quei nascondigli, sopravvivere non era così facile,

per non farsi avvistare o catturare dalle continue perlustrazioni nazi-fascisti, non doveva accendere fuochi né di giorno né di notte, ed in queste condizioni estreme dettate da inverni rigidi e freddi, accadeva che bambini e anziani Rom morissero in gran numero per freddo e per fame.

Hanno calpestato il violino zingaro

Cenere zingara è rimasta

fuoco e fumo salgono al cielo.

Hanno portato via gli zingari

I bambini divisi dalle madri le donne dagli uomini

hanno portato via gli zingari.

Jasenovac è piena di Zingari legati ai pilastri di cemento

pesanti catene ai piedi e alle mani

nel fango in ginocchio.

Sono rimaste a Jasenovac le loro ossa denuncia di disumanità.

Altre albe schiariscono il cielo e il sole continua a scaldare gli zingari.

Jasenovac fu campo di lavori forzati e di sterminio artigianale in Croazia tra 1941-45, considerata assieme a Buchenwald , la terza Auschwitz, quella dei Balcani.

Qui sono stati sterminati 750.000 slavi del sud , 60.000 ebrei e 26.000 Rom dei Balcani, sono state esercitate e documentate atrocità inenarrabili, come uccidere 8.000 bambini, molti tra loro straziati sbattendo le loro teste contro le pietre o sgozzandoli con un coltello, regime clerico-fascista ideato da Ante Pavelic, il capo della Repubblica degli Ustasha.

Jasenovac fu un campo gestito dagli Ustasha, i fascisti croati , che agivano in stretta collaborazione con i francescani croati, che davano copertura ideologica a tale macchina artigianale della morte, ispirati dal cardinale Alojz Stepinac ex cappellano militare (beatificato da Wojtyla negli anni ‘90), che salutò l’esercito degli Ustasha “come i rappresentanti legittimi della Chiesa Divina’ sulla terra

Erano tre fratelli

Cresciuti insieme s’abbracciavano,

s’amavano ma non presentivano che cosa sarebbe avvenuto loro.

Un fratello di notte hanno portato nel campo di concentramento (Konzentrationsbereich)

Sono rimasti due fratelli

Speravano che tornasse.

Ed essi cantano la canzone della sua lontananza.

Tre fratelli uno dietro l’altro fusi in un essere solo divisi per sempre lontano l’uno dall’altro.

Sono rimasto in bilico ad Auschwitz

Sono rimasto in bilico

Sulla lama di un coltello

Sono rimasto gelato come la pietra.

Il mio cuore tremò sono caduto sul filo del coltello.

M’è rimasto la mano destra e l’occhio sinistro

ho versato lacrime ad Auschwitz dove sono rimasti gli zingari.

La lacrima è scesa

la mano ha preso la penna per scrivere parole qualunque

Testi poetici di Rasim Sejedic e di Papusza tradotti dal romanes dal glottologo Angelo Arlati

Non è accaduto ma può accadere ancora con quegli ossessivi e rancorosi messaggi che si rincorrono sui social e non solo, che risvegliano antichi fantasmi di purezza delle razze e delle nazioni (non più genetiche ma culturali)

con quelle quelle ambigue espressioni sovraniste

“prima gli italiani”

o quelle altre che additano il pericolo che le nuove migrazioni possono provocare una “sostituzione etnica” ,

ma scordandosi che noi moderni europei siamo delle ibridazioni umane, culturali, linguistiche mediterranee, romano-barbariche e fatte e rifatte di molti altri geni e memi terrestri

(Sapiens nomadi e non Demens stanziali).

Infine per contrastare questo”eterno fascismo” si richiederebbe di accompagnare alla nostra giusta indignazione, azioni comuni d’inclusione sociale e culturale dei sopravvissuti e delle nuove ed affini generazioni di esclusi al fine di disattivare stigmi, pregiudizi, risentimenti e reattività rancorose che continuano ad affiorare nella storia.

Testi poetici romanì tratti dall’atlante poetico per la presenza transnazionale dei romanì,auto-prodotta da Pino de March, cofondatore ed ricerc-attivista di Comunimappe, ed. Versitudine 2022

Testo:

“memorie attive, stermini dimenticati, sdoppiamenti distruttivi del Sè di Auschwitz ed inclusioni mancate dei sopravvissuti,

elaborato da Pino de March e condiviso e dialogato nella stesura da Marina Cremaschi

in occasione del giorno della memoria,

ed argomentato nel corso dell’evento “Memorie -Bologna in Lettere”, con altri/e poeti/e, artisti e pubblico,

mentre nel corso dell’intervento scorrevano alle sue spalle delle immagini della mostra digitale “il Porrajmos delle genti romanì” curata dall’artista Raffaele Petrone.

in una sala molto partecipata del Centro culturale di Quartiere Graf in Piazza Spadoni 3-San Donato-Bologna


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